da
La sinistra antagonista
nella strategia della tensione
Maurizio Barozzi (22
dicembre 2009)
Nell'articolo del 18 dicembre 2009 "Cosa c'era dietro la strategia della
tensione" abbiamo fornito una interpretazione di quegli avvenimenti dalla quale
si evince che molti ambienti della destra neofascista vennero utilizzati da
apparati atlantici, per superare nel nostro paese una emergenza internazionale
nel mediterraneo e nel medio oriente.
In pratica in Italia si ispirarono o si lasciarono esasperare episodi violenti
ed atti terroristici al fine di destabilizzare il contesto politico e sociale e
rendere così inoperosi i governi dell'epoca.
Questo perché il nostro paese, pregno di una realtà sociale alquanto
intraprendente e con un forte Partito Comunista legato a Mosca, non doveva in
quel periodo deviare da una stretta subordinazione al sistema NATO. In realtà,
in ambito planetario, era però anche in atto una strategia "neoradicale" di
lunga portata la quale, finita l'emergenza "mediterranea" (1965-1973) doveva
trasformare la cultura borghese e cattolica del nostro paese in senso,
progressista e modernista (ma sostanzialmente neoliberista).
Nel frattempo, a causa di Jalta, si doveva tenere il PCI, pur sulla strada di
una accelerata "occidentalizzazione", fuori dall'area governativa, premunendosi
anche che i governi italiani non prendessero posizioni equidistanti nel
contenzioso mediorientale.
Queste in estrema sintesi, le cause che determinarono in Italia il lungo periodo
stragista (1967-1980) e portarono all'assassinio di Aldo Moro, così come nel
1962 a quello di Enrico Mattei.
Se questa era la strategia di fondo che muoveva o comunque condizionava certi
avvenimenti, non meraviglia che le strutture di intelligence occidentali
coinvolsero anche vari ambienti della sinistra estrema o antagonista, in
particolare quelli tendenti alla lotta armata e quelli più vulnerabili dal punto
di vista ideologico o organizzativo, ovvero l'area movimentista, trotzkista,
anarchica, situazionista, marxista leninista, ed i cosiddetti gruppi "maoisti"
tutti, chi per un verso o chi per un altro, fortemente critici o avversi alla
Russia sovietica ed al Patto di Varsavia.
Del resto il fine ultimo degli occidentali non era quello di distruggere il
comunismo, ma soltanto quello di preservare gli equilibri stabiliti a Jalta.
In OP (Osservatorio Politico) del 18.2.1977, di Mino Pecorelli, giornalista con
entrature nei nostri servizi segreti, si riportava il contenuto di un documento
dello SDECE (il servizio francese) sulla "strategia della tensione" e sul
coinvolgimento del Mossad, il servizio segreto israeliano. Si diceva:
«Il Mossad si dà una mano di rosso… In questo quadro (i servizi segreti attivi
nel Mediterraneo), riteniamo utile ricordare che esiste un documento SDECE (lo
spionaggio francese) che descrive la situazione italiana nel modo seguente:
premesso che nel 1973 a Bruxelles dietro gli organismi ufficiali della IV
Internazionale è sorta una centrale rivoluzionaria mondiale che i servizi
politico-militari occidentali hanno indicato con la sigla T.T. (Think Tank);
premesso che in questa struttura operano congiuntamente elementi trotzkisti
filoamericani e israeliani del Mossad (l'agguerritissimo servizio segreto di Tel
Aviv) al fine di impedire che in seno ai movimenti extraparlamentari europei
possa prevalere la componente filoaraba …».
Si aggiungeva quindi che questa IV Internazionale o Think Tank avrebbe avuto
sede a Bruxelles, cioè il Quartier Generale della NATO, il che era veramente
strano per una struttura "rivoluzionaria" che avrebbe dovuto attestarsi su
posizioni anti atlantiche. Tutto stava invece a indicare che ci si trovava in
presenza di una struttura al servizio della provocazione di matrice occidentale
e non può che far sospettare che dietro determinati atti violenti ci sia sempre
stata una mano abile a ispirarli, gestirli o attuarli con la tattica delle
infiltrazioni o delle false flag.
Del resto sembra che agli inizi della seconda metà anni '60 la CIA aveva
attivato in Europa l'operazione "Chaos" (elaborata nel 1963), operazione di
spionaggio, infiltrazione e provocazione in tutti i movimenti estremi e a
sinistra, in particolare, nei gruppi trotzkisti, filocinesi ed anarchici.
Non a caso la strumentalizzazione di certi eventi, si riscontrava anche con la
"ventata contestativa" che dal 1966 al 1968 aveva sconvolto gli ambienti
giovanili di mezza Europa ("strani" personaggi come Daniel Cohn-Bendit e Alfred
W. Rudi Dutschke Rudi il rosso ne cavalcarono l'ondata) e, per esempio, in
Francia era stata abbondantemente condizionata ed esasperata per essere
utilizzata contro la politica gollista che nel 1966 aveva ritirato la Francia
dal comando militare integrato della NATO e minacciava iniziative europeiste non
gradite oltreoceano.
Insomma, al gran ballo delle stragi e del terrore furono invitati in tanti, sia
a destra che a sinistra. C'è da rimanere costernati al solo pensiero che un vero
rivoluzionario come Ernesto Che Guevara venne a contatto con ambienti attigui a
Feltrinelli, che deambulavano tra Parigi e Praga, veri templi di Logge e
Intelligence che agivano dietro tinte vermiglie di varia sfumatura per poi
rifluire, anni dopo, nei salotti chic intellettuali e miliardari.
In ogni caso in Italia, il condizionamento, il controllo o l'aiuto discreto,
alla sinistra antagonista, aveva per gli occidentali il duplice fine di
indebolire e mettere in difficoltà le politiche "entriste" del PCI (e per un
altro verso accelerarne la "occidentalizzazione") e di destabilizzare il tessuto
sociale del paese e l'ordine pubblico in modo da tenere sotto ricatto i governi
ed impedire che avessero la forza necessaria a prendere iniziative autonome in
campo internazionale.
Soprattutto Aldo Moro (ministro degli esteri o presidente del consiglio), legato
ad ambienti della Curia, era particolarmente inviso agli atlantici per la sua
politica aperturista verso il PCI e per la sua prudente equidistanza nel
conflitto arabo-israeliano, favorevole anche a conseguire accordi con i
palestinesi per evitare che il nostro paese diventasse una sanguinosa terra di
nessuno nello scontro senza quartiere tra il Mossad israeliano e la disperazione
dei palestinesi.
Purtroppo, la tendenza ad accelerare la trasformazione modernista e progressista
delle Nazioni, che specialmente dopo il Watergate (1974) ha auto via libera in
Europa, buttando a mare vecchi arnesi della destra reazionaria, se da una parte
ha consentito di avere alcuni riscontri che hanno svelato molte delle collusioni
del destrismo cosiddetto neofascista con gli apparati dello Stato e le
intelligence occidentali, dall'altra parte non ha consentito di fare analoga
chiarezza sugli ambienti della sinistra antagonista. Anche quando, qualcosa è
pur emersa, come per esempio per certe imprese terroristiche delle formazioni
armate, non si è mai andati oltre un certo punto.
Oltretutto, a destra, certe "collusioni" erano spesso diffuse a vari livelli (il
"commissario camerata", "l'ufficiale camerata", ecc.), per cui si è finito per
conoscere molti particolari di certi "rapporti", mentre a sinistra invece erano
più che altro insite nella origine e nascita stessa dei vari gruppi e quindi più
difficili da far emergere.
Ne consegue che noi oggi, a parte qualche avvenimento particolare, possiamo
denunciare certe "collusioni" della sinistra con l'occidente, più che altro per
via induttiva e deduttiva o per accenni e confessioni di varia natura, senza
poterle puntellare con prove e riscontri precisi e incontrovertibili.
Per fare un esempio Adriano Sofri, uno dei massimi leader di "Lotta Continua",
ha rivelato che il prefetto Umberto Federico D'Amato, allora direttore della
Divisione Affari Riservati del ministero degli interni, lo andò a trovare per
fargli intravedere un certo "interesse" alla eliminazione fisica di militanti
dei Nuclei Armati Proletari.
Viene consequenziale il sospettare che se siffatta alta personalità delle
istituzioni si era recata a casa del Sofri con un tal genere di proposta,
evidentemente doveva ritenere che allo stesso era possibile avanzare discorsi
del genere: forse per certe "collusioni" trasversali di "Lotta Continua", visto
che si sospetta l'ombra della CIA nel sostenere la vicenda editoriale di questo
giornale?
È molto importante analizzare le "strane" vicende editoriali di "Lotta Continua"
e a questo proposito si vedano: l'articolo dettagliatissimo di Marco Nozza su
"il Giorno" del 31 luglio 1988; la rivista il "Borghese" del 1 ottobre 1997; il
sito "http://www.effedieffe.com/" nell'articolo: "Strano Diario", paragrafo: "La
storia di Lotta Continua è contaminata dall'inizio"; e infine nel sito: http://proscritti.splinder.com/post/21752222/Il+giallo+di+Lotta+Continua,
l'articolo "Il giallo di Lotta Continua made in USA".
Ma è nelle vicende delle Brigate Rosse che si sono avuti molti indizi di una
"contaminazione" e strumentalizzazione di questa organizzazione da parte del
Mossad israeliano. Contaminazione che pur non raggiungendo il livello di
controllo che, per esempio, si sospetta il Mossad era riuscito ad esercitare in
Germania con la RAF, furono comunque abbastanza rilevanti.
Fu Alberto Franceschini, ex capo storico e co-fondatore delle Brigate Rosse, a
sostenere che nei primi anni '70 i brigatisti vennero contattati dal Mossad
israeliano.
Il servizio segreto israeliano, disse, prometteva appoggi e sostegno alle BR in
cambio di un loro intensificare delle azioni armate: «colpite chi volete, purché
colpiate: a noi interessa solo che voi esistiate», era stata la richiesta del
Mossad.
È anche interessante notare quanto asserì il Franceschini, in merito agli
arresti che dovevano scattare contro i brigatisti, ovvero che ad essere
informati e quindi a fare la telefonata che li mise sull'avviso, dovevano essere
stati gli israeliani, gli unici che contavano buoni rapporti con i carabinieri.
Il Mossad, nel tentativo di conquistarsi la fiducia delle BR, offrendo armi ed
appoggi, si era anche presentato ai brigatisti offrendogli l'informazione del
nascondiglio a Friburgo di Marco Pisetta, quello che con le sue delazioni aveva
procurato i primi arresti nelle BR.
Molti sospettano che fu il rifiuto, apposto dagli allora dirigenti delle BR a
queste proposte degli israeliani, rifiuto motivato dal fatto di voler continuare
ad agire con una lotta armata di basso profilo e con fini propagandistici tra i
lavoratori che agevolò, nel settembre del 1974, l'arresto di Franceschini e di
Renato Curcio da parte dei carabinieri di Dalla Chiesa.
Stranamente, in quella occasione, l'altro capo storico Mario Moretti, da sempre
favorevole ad una svolta militarista più decisa, sebbene precedentemente
individuato e fotografato dai carabinieri, si sottrasse miracolosamente agli
arresti ed ereditò quindi tutta la struttura brigatista.
Sarà un caso, ma da quel momento in poi, dietro il paravento delle risoluzioni
strategiche e l'attacco allo «Stato Imperialista delle Multinazionali», prese
piede una girandola di azioni clamorose («colpire al cuore dello Stato» inteso
ora nel senso di colpire in alto), ma soprattutto contro la Democrazia Cristiana
e le prospettive di un compromesso storico che, in definitiva, tornarono utili
all'atlantismo (testi fondamentali su questi argomenti sono: Sergio Flamigni:
"Mario Moretti La sfinge delle Brigate rosse", Kaos edizioni 2004 e "Il covo di
stato", Kaos edizioni 1999; e Alberto Franceschini, "Mara, Renato e io",
Mondadori 1996).
La storia delle BR "morettine" ha molti lati oscuri che lasciano a pensare, ad
esempio: certi strani viaggi di Moretti a Parigi ed in Calabria, mai chiaramente
spiegati; l'appartamento covo di via Gradoli, affittato ed allestito da Moretti
in un complesso dove spiccavano vari alloggi di società fiduciarie dei "servizi"
(e la cosa era nota); alcune armi e cartucce ritrovate alle BR e risultate di
sospetta provenienza militare, così come la stamperia brigatista di via Foà a
Roma realizzata con macchinari già del SID, e altro ancora.
Ma sopratutto non si spiega assolutamente l'assurdo e incredibile comportamento
delle BR nel rapimento Moro. Non solo le BR uccidono un ostaggio che sottoposto
a "processo popolare" ha parlato e detto tutto e di più, e lo uccidono
nonostante il parere contrario di vari strati della sinistra extraparlamentare e
dell'autonomia, ben sapendo che gli americani lo vogliono morto, gli israeliani
lo vedono come il fumo negli occhi e buona parte della stessa Democrazia
Cristiana ha lasciato capire di non gradirne il ritorno sulla scena politica, ma
soprattutto occultano e fanno sparire, ancora a sequestro di Moro in corso,
tutte le "confessioni", importantissime e devastanti che Moro aveva fatto ai
suoi carcerieri. Confessioni che sarebbero state oltremodo destabilizzanti, più
di mille "azioni di fuoco", per quello Stato che i brigatisti dicevano di
combattere.
Si pensi solo che Moro aveva praticamente dettagliato alle BR delle ingerenze
USA e israeliane in Italia, delle faide tra i servizi segreti nostrani, dei
traffici tra Sindona e la DC, dello scandalo Lockeheed, della strategia della
tensione e delle bombe di Piazza Fontana, dei vari traffici di Andreotti, della
fuga procurata di Kappler e, cosa più importante, aveva confidato il delicato
segreto di Stato circa la struttura di Gladio!
Ma poco, anzi quasi niente, di tutto questo venne reso pubblico e i verbali con
le bobine degli interrogatori vennero fatti sparire, tanto che una parte è
rimasta sconosciuta.
Un silenzio questo che ha il sapore di certi "accordi" che poi hanno anche reso
possibile di spalancare in qualche modo le porte delle prigioni. Ebbe a dire A.
Franceschini, escluso dalla gestione del sequestro Moro come gli altri capi
storici incarcerati: «Nelle galere c'è stata la contrattazione su quello che si
doveva e non si doveva dire, e il silenzio è stato pagato con la libertà o i
benefici di legge a favore degli ergastolani».
Ma le vicende che fanno sospettare una manipolazione delle BR da parte dei
servizi segreti, soprattutto israeliani, sono anche le seguenti.
Risulta che Moretti e Prospero Gallinari erano a suo tempo usciti dal CPM
(Collettivo Politico Metropolitano di Milano - n.d.r. dove militavano anche
Curcio e Franceschini) e con loro uscirono anche Corrado Simioni (una figura
questa rimasta alquanto oscura che veniva dalle file socialiste vicine a Craxi e
su cui circolavano voci che fosse colluso con la CIA), Duccio Berio (risultato
poi colluso con il SID dal 1972) figlio di un famoso medico ebreo milanese e
Vanni Mulinaris.
Questi ultimi tre personaggi prospettavano, al tempo, la creazione di un
Superclan clandestino per ripararsi dalle prevedibili repressioni dello Stato e
c'era anche una diversità di vedute perché il Superclan era semmai favorevole a
promuovere attentati mirati verso alti obiettivi, mentre le prime BR, a quel
tempo, tendevano ad una propaganda armata fatta di atti dimostrativi di basso
profilo.
Fin qui tutto normale, ma come sappiamo verso il 1974 Simioni e compagni
sparirono dall'Italia e crearono in Francia, a Parigi, una scuola di lingue la
"Agorà", poi nomata "Hyperion", oggi ritenuta una centrale clandestina (coperta
dai servizi francesi e sembra persino dal servizio segreto vaticano Pro Deo il
cui fondatore, padre Morlion lavorava per la CIA). Si ritiene che la "Hyperion"
fosse un punto di incrocio di vari servizi internazionali, anche contrapposti,
ma tutti impegnati a ispirare in Europa azioni terroristiche che, di fatto,
dietro una vernice spontaneista, anarchica o di sinistra, tornavano a vantaggio
del mantenimento dello status quo di Jalta.
Ha dichiarato Franceschini alla Commissione Stragi:
«Duccio Berio era il braccio destro di Simioni, suo padre era un famoso medico
ebreo milanese a suo dire legato ai servizi segreti israeliani. Berio, tra
l'altro, era anche il genero di Alberto Malagugini esponente di primo piano del
vecchio PCI. Ho quasi la certezza che il canale attraverso cui fummo contattati
passava per questa persona».
Ma anche un altro medico milanese, attiguo alle BR e di cui non è stato fatto il
nome, venne sospettato di collusioni con il Mossad.
Molto oscuro, ma sintomatico anche un episodio che vide la moglie di Curcio,
Margherita Cagol, sentirsi proporre dal Superclan di andare a compiere un
attentato ad Atene ad una ambasciata americana, cosa che la Cagol rifiutò e
venne poi a sapere che una compagna, andata al suo posto, il 2 settembre 1970
era saltata in aria. La faccenda venne alle orecchie di Curcio che, a quanto
sembra, litigò e ruppe definitivamente con il Superclan. Stupisce, ma non
troppo, scoprire poi che con la compagna Maria Elena Angeloni, sicura comunista,
l'altro "compagno" che saltò in aria con lei (per uno scoppio prematuro) era un
certo Georgios Tsecouris un esponente della destra greca!
L'Hyperion, anni dopo aprì anche una sede a Roma (all'inizio del 1978 pochi mesi
prima del rapimento Moro) nello stesso edificio in cui vi erano sedi di società
sotto copertura del SISMI.
La sede romana iniziò a essere smobilitata dal Giugno del 1978, poco dopo la
morte di Moro, mentre il giudice padovano Pietro Calogero indagava sul
coinvolgimento della scuola con le BR. Una provvidenziale fuga di notizie
pubblicata dal "Corriere della Sera" (allora inquinato dalla P2), vanificò
l'indagine. L'inchiesta del giudice, che infatti aveva ottenuto la
collaborazione della polizia, abortì ben presto e i servizi segreti francesi
alla fine negarono ogni assistenza.
Tornando a Moretti, comunque sia, sembra che egli (e poi anche Gallinari), al
tempo, si distaccò dal Superclan e tornò a lavorare allo sviluppo delle BR a cui
intese però dare una accentuazione militarista (sarà un caso, ma proprio come
desiderava il Mossad israeliano). Ma alcune confessioni dei pentiti e la
considerazione di vari episodi strani sembrano indicare che il "superclan
parigino" era sempre rimasto in collegamento con lo stesso Moretti. E veniamo
alla uccisione di Moro.
Come ha affermato il senatore Flamigni «la conclusione del delitto Moro ebbe
come scenario il ghetto ebraico», e quindi riveste un certo interesse la vicenda
dei covi brigatisti nella zona del ghetto ebraico di Roma, una zona topografica
questa, piena di sotterranei, magazzini e depositi di vario tipo, dove nulla può
accadere senza sfuggire alla comunità israelita che vi abita o lavora e si
presuppone senza l'approvazione o la consapevolezza dei servizi israeliani. Se
si confermasse che la prigione di Moro era occultata nel Ghetto, sarebbe
difficile sostenere che i servizi israeliani ne fossero all'oscuro.
Eppure molti indizi attestano che Moro non rimase sempre nella stessa prigione
di via Montalcini in zona Magliana, ma forse, proprio a ridosso del suo
omicidio, venne portato in un nascondiglio con garage nel ghetto ebraico (non è
una prova, ma le gomme della Renault rossa utilizzata per trasportarne il
cadavere, nonché i vestiti di Moro presentavano tracce di vari filamenti di
tessuti che guarda caso abbondano nei magazzini di tessuti che trovasi nel
ghetto).
I primi sospetti in questo senso partirono da certe "allusioni" di Pecorelli
pubblicate su "OP" e arrivarono poi alla figura di Igor Markevitch, morto nel
1983, ma al tempo famoso direttore d'orchestra di fama internazionale. Di lui si
è parlato come "il grande vecchio" delle BR, ma poi nulla è emerso in questo
senso.
Costui, comunque, sembra che aveva avuto rapporti con l'Hyperion ed è stato
anche sospettato di essere l'anfitrione che ospitò in toscana la direzione
strategica delle BR. Lo si sospettò coinvolto nel rapimento Moro anche perchè,
attraverso la moglie, forse si risaliva a un misterioso «palazzo con il passo
carraio e due leoni di pietra nell'ingresso», ubicato al centro di Roma a pochi
metri da via Caetani dove già Mino Pecorelli (ispirato dai servizi segreti),
aveva sussurrato che vi era stata occultata l'ultima prigione di Moro. E le
indicazioni, in parte fornite in codice da Pecorelli, ben difficilmente erano
sbagliate. Ma anche questi sospetti su Markevitch non hanno avuto seguito.
Markevitch durante la guerra aveva collaborato con i GAP e con la ORI
(interfaccia dell'OSS americano e su consiglio di Carlo Senigaglia). Era poi
divenuto cittadino Italiano e buon amico della comunità israelita e cognato di
Hubert Howard, generale americano che nel '44 aveva partecipato alla liberazione
di Firenze.
In ogni caso per la prigione (o una delle prigioni) di Moro che molti elementi
fanno sospettare si trovasse nel ghetto ebraico è duopo spendere qualche altra
parola, anche perché sembra assurdo che i brigatisti viaggiarono con il cadavere
di Moro in auto da via Montalcini fino a via Caetani e non invece che fecero
pochi metri, in tutta sicurezza, uscendo da un covo nel ghetto.
Per il palazzo, ubicato nel ghetto ebraico, che potrebbe aver ospitato una
prigione delle BR, c'è però una certa incertezza e confusione. Si è pensato che
Pecorelli, nel suo articolo sibillino alludente anche ai ruderi del teatro Balbo
che da lì si potevano scorgere e ad una misteriosa "Contessa", si fosse riferito
a Palazzo Orsini di via Monte Savello non molto distante da via Caetani (tra
l'atro nel covo BR di via Gradoli si era trovato un appunto riferito alla
Immobiliare Savellia che risiedeva proprio in questo palazzo). Oltretutto questo
palazzo era stato la residenza della marchesa Valeria Rossi in Litta Modigliani,
nobildonna romana che si firmava anche Livia.
Altri ragionamenti però hanno portato a considerare anche due palazzi, sempre in
quella zona: Palazzo Caetani e palazzo Antichi Medici (un tempo formavano un
unico complesso). Palazzo Caetani si affaccia in via delle Botteghe Oscure e
prosegue per via Michelangelo Caetani. Questo palazzo ci riconduce al Marchevich
tramite sua moglie Topazia Caetani e H. Howard che sposò Leila Caetani cugina di
Topazia. Costoro nel 1978 non abitavano in palazzo Caetani, ma Howard, rimasto
vedovo, lo gestiva attraverso la Fondazione Leila Caetani. Indagini del
Raggruppamento centrale del Controspionaggio di Roma, mai approfondite, furono
svolte, ma invano, durante il rapimento Moro, anche su questo palazzo.
Palazzo Mattei invece si affaccia in via Caetani, dove ha l'ingresso principale
al civico 32, e fa angolo con via dei Funari. Cosa interessante è che questo
palazzo ha anche un altro ingresso al civico 35 il quale ha un passo carraio.
Quasi di fronte a questo passo carraio fu trovata la Renault rossa con il
cadavere di Moro.
Nel luglio del '79 indagini sull'assassinio del colonnello Varisco (da parte di
strane BR) portarono ancora a questo palazzo dove risultavano uffici coperti e
un Centro Studi americano che, guarda caso, si dice avesse avuto dei contatti
con il brigatista Giovanni Senzani. Sarà stata una coincidenza ma quando nel
gennaio 1981, le BR di Senzani liberarono il giudice Giovanni D'Urso, lo fecero
ritrovare legato ad un auto fiat 127 proprio al Portico d'Ottavia in pieno
Ghetto ebraico.
Un altro palazzo, con passo carrabile, ecc., si trovava poi anche in piazza
Paganica 50 e anche su questo ci sono strani indizi che si riallacciano a tutte
le indagini svolte da quelle parti.
In effetti un covo brigatista nel ghetto ebraico venne scoperto in via
Sant'Elena n. 8. Era stato a suo tempo abitato dai coniugi Raffaele De Cosa e
Laura di Nola e quest'ultima, extraparlamentare di sinistra e figlia di un
commerciante israelita, emerse come collegata con l'Intelligence israeliano.
La storia di questo covo era alquanto strana perché era già stato oggetto di
attenzioni da parte del SISMI, grazie ad una fonte "molto attendibile" che si
seppe poi era quella del segretario di Demetrio Cogliandro responsabile dei
centri di controspionaggio, certo Antonio Fattorini detto "mezzo ebreo" per i
suo rapporti fiduciari con il Mossad.
Ma ritornando ancora all'ambiguo covo di Moretti in via Gradoli si sa che vi
venne trovato un reperto che riportava ai servizi segreti israeliani, ma venne
anche trovata una chiave di una auto Jaguar con la targhetta e il nome di
Sermoneta Bruno commerciante di tessuti e tappeti a via Arenula che una
segnalazione confidenziale al SISMI aveva indicato come amico della brigatista
Anna Buonaiuto frequentatrice del covo BR di via Sant'Elena 8. Ma,
incredibilmente, le indagini in questo senso non furono mai approfondite e ogni
sospetto finì per dissolversi.
E non è forse vero che quando i giudici Ferdinando Imposimato e Rosario Priore
fecero un sopralluogo nelle strade del ghetto, portandosi dietro Elfino Mortati
(considerato vicino agli ambienti toscani delle BR e coinvolto nelle attività di
"Lotta armata per il comunismo"), il quale aveva rivelato esservi in quei luoghi
un covo delle BR di cui non ricordava l'esatta ubicazione, a questi giudici, il
giorno dopo, venne recapitata una foto che li ritraeva con tutto il gruppo
d'accompagno durante quella ispezione per le strade del ghetto? Era forse stata
questa una intimidazione per far desistere da ulteriori indagini in quella
direzione?
Significativamente nel 2005 Giovanni Galloni, ex vice-segretario della DC, ex
vice-presidente del Consiglio superiore della magistratura, affermò:
«Non posso dimenticare un discorso che ebbi con Moro poche settimane prima del
suo rapimento. Discutevamo con Moro delle BR, delle difficoltà di trovarne i
covi e Moro mi disse: "La mia preoccupazione è questa: che io ho per certo la
notizia che i servizi segreti sia americani sia israeliani hanno degli
infiltrati all'interno delle BR. Però non siamo stati avvertiti di questo,
perchè se fossimo stati avvertiti probabilmente i covi li avremmo trovati"».
Tante sono le zone oscure in quegli avvenimenti e tanti sono certi ruoli mai ben
chiariti come, per un altro verso, quello dell'ex leader di Potere Operaio il
professor Franco Piperno, i cui contatti con ambienti attigui alle Brigate Rosse
sono noti, e a quanto sembra lo stesso si incontrò con Mario Moretti in un
palazzo del centro alto-borghese, poche settimane dopo la morte di Moro.
Non sappiamo se un giorno la storia maledetta degli "anni di piombo" potrà
essere finalmente svelata per intero, ma è certo che, se così fosse, quel giorno
ci saranno molte sorprese e molti si stupiranno quando verranno a sapere che
"destra" e "sinistra" estreme non erano poi schieramenti così "contrapposti"
come si supponeva, perché una "stessa mano" li manovrava da dietro le quinte.
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Maurizio Barozzi
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